Quanto conta l’attenzione al linguaggio e alle parole? E fino a che punto società e linguaggio si influenzano tra di loro?
Dal mese di ottobre 2022, il vocabolario Treccani cambia la forma del suo contenuto e lo fa attraverso poche ma significative modifiche. Per iniziare, per la prima volta in Italia saranno infatti presenti le declinazioni femminili delle professioni che tradizionalmente vengono associate solo alla sfera maschile: soldata, medica, avvocata… La Treccani mette nero su bianco la conferma che sì, queste professioni possono essere menzionate al femminile e che no, il sostantivo maschile non ingloba entrambi i generi.
Come trattato nel nostro articolo Non esiste solo il maschile, l’uso della lingua rimarca le convenzioni e gli stereotipi sociali. Utilizzare il femminile nelle professioni, ad esempio, non comporta un cambio drastico nel tessuto della società, ma forza chi lo utilizza rivedere il significato nascosto dietro la presenza o l’assenza di una parola che descrive qualcosa, che sia questa ‘sindaca’ o ‘avvocata’.
Anche l’Accademia della Crusca rivendica la legittimità dell’istanza: “L’uso dei femminili nelle professioni, per esempio, è non solo consentito ma addirittura doveroso perché, spiega Cecilia Robustelli, perfettamente coerente con il nostro sistema linguistico. Se si incontrano resistenze, dunque, è solo per la straordinaria forza delle abitudini.”
Il vocabolario Treccani non inventa quindi neologismi guidato da un’agenda politica, ma riconosce l’importanza di adeguare sì la lingua alla società, ma anche di promuovere un cambiamento attraverso l’adeguamento alla lingua.
Treccani non rivoluziona nemmeno l’ordine alfabetico, si limita ad applicarlo. Nella nuova edizione infatti, seguendo l’ordine, gli aggettivi e i sostantivi femminili precedono quelli maschili. Per chi utilizza il vocabolario da anni, occorrerà semplicemente abituarsi ad abbandonare l’aspettativa di trovare la forma maschile come standard linguistico. Il vero cambiamento nell’applicazione dell’ordine alfabetico riguarda il ‘divorzio’ tra la forma maschile e quella femminile. Da sempre, infatti, gli aggettivi femminili erano legati alla controparte, definiti come la ‘versione femminile di’ (‘bella: singolare femminile di bello’) e volti a sottolineare la predominanza del maschile nella lingua italiana.
Nell’articolo “Linguaggio e società, trasformazioni e contraddizioni in atto” pubblicato da SNP Ambiente, la lingua è descritta come un modo di esprimere la cultura: “La lingua è anche un potente strumento di cambiamento sociale, che ha la potenzialità di de-costruire stereotipi e pregiudizi che distorcono e alterano la realtà.”
L’ultima piccola rivoluzione del vocabolario Treccani riguarda la sovversione degli stereotipi di genere tramite un semplice approccio: inserire le controparti maschili e femminili di sostantivi tradizionalmente attribuiti solo a uno dei due generi ed eliminare il ‘neutro maschile’ nei casi in cui non fosse necessario. Non ci saranno più quindi solo le casalinghe ma anche i casalinghi; l’umanità non è fatta di uomini, ma di esseri umani.
Per chi utilizzerà il vocabolario per la prima volta, per chi imparerà a usarlo e verrà condizionato, inconsciamente o meno, dall’uso della lingua, questi piccoli ma vitali cambiamenti saranno parte della sua visione del mondo e saranno la prova di come il linguaggio non si limita a descrivere la realtà, ma la può plasmare e trasformare.
Articolo di Beatrice Garbin
SITOGRAFIA
https://www.snpambiente.it/2018/12/11/linguaggio-e-societa-trasformazioni-e-contraddizioni-in-atto/
https://www.indiscreto.org/perche-cambiare-le-parole-puo-cambiare-la-societa/
https://www.vaniarusso.it/cambiare-il-linguaggio-per-cambiare-la-societa-e-i-suoi-valori/