La musica come matematica delle emozioni

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[Immagine propria di Filippo Terzi]

La musica è una delle arti più astratte e libere a cui si possa pensare: ha una capacità pressoché unica di suscitare emozioni che solo l’ascolto di una canzone può regalarci. Sensazioni che spesso sfuggono alle nostre spiegazioni razionali e comunicano direttamente con la nostra interiorità; per questo, quando siamo presi da una melodia, raramente riusciamo a spiegarci perché è difficile fare a meno di ascoltarla più e più volte. Eppure, questa facciata intangibile e lontana da ragionamenti razionali è sorretta da una struttura ben definita fatta di regole, formule e notazioni precise: la teoria musicale. 

In questo articolo, senza la pretesa di spiegare la sua enorme complessità, analizzeremo le singole parti  che compongono la musica, le strutture che creano, fino ad arrivare alla creazione di vere e proprie canzoni capaci di conquistarci grazie a ciò che trasmettono. Il tutto cercando di capire in che maniera alcuni di questi meccanismi nascosti nella teoria musicale siano strettamente legati alle sensazioni ed emozioni che proviamo. 

Premessa: affronteremo alcune delle regole appartenenti alla tradizione musicale occidentale, che caratterizza questo mondo dall’epoca dei grandi compositori classici fino all’odierna offerta musicale, una tradizione della quale fa parte la quasi totalità della musica che ascoltiamo. Esistono però, altri sistemi di notazione musicale che si basano su regole armoniche e ritmiche differenti, e che sono il risultato dell’evoluzione di tradizioni musicali e culturali provenienti da ogni parte del mondo.

Le unità di misura della musica

Partiamo dal dire che esistono sette note musicali (Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si; nel sistema di notazione inglese rispettivamente C, D, E, F, G, A, B), alle quali possiamo aggiungere le loro cinque alterazioni di diesis (#) e bemolle (b) (i tasti neri della tastiera di un pianoforte ), per arrivare a un totale di dodici suoni. Ovvero quei dodici mattoncini con cui è costruita tutta la musica occidentale. Presi singolarmente non sarebbero abbastanza per creare composizioni accattivanti, ma se inseriti in un contesto musicale più ampio, di anche solo due suoni, questi riescono a esprimere il loro potenziale emotivo e a lavorare in sinergia con le altre note. Tutto questo è possibile grazie a un preciso sistema di intervalli, che si fonda sulle due unità di misura fondamentali della musica: il tono e il semitono. 

Le due unità di misura sono usate per riferirsi alla distanza che separa due note. In particolare, il tono è l’intervallo tra due note che comprende una nota intermedia, per esempio tra il Do e il Re abbiamo un intervallo di un tono in quanto tra le due si trova la nota Do diesis/Re bemolle, ovvero una delle cinque alterazioni di cui parlavamo prima, mentre il semitono è l’intervallo più piccolo esistente tra due note, che non comprende una nota intermedia. Quindi tra Si e Do avremo un solo semitono così come tra Sol e Sol#. Ricapitolando, a partire da una qualsiasi nota possiamo scendere o salire per raggiungere un’altra determinata nota sapendo esattamente quanti toni o semitoni abbiamo percorso. 

Le scale musicali, le tavolozze dei musicisti

Tono e semitono sono la chiave per comprendere e costruire una scala musicale, ovvero ciò che costituisce la “tavolozza” di sette note alla quale un musicista può attingere per creare una melodia e comporre un brano. Esse possono essere di diversi tipi: i due più importanti sono le scale maggiori e minori e differiscono tra loro per la formula utilizzata per costruirle. Dopotutto la musica è matematica… Questi due tipi di scale differiscono inoltre per lo spettro di emozioni verso cui vertono: le scali maggiori infatti offrono molto agio al compositore per comporre melodie più aperte e brillanti, mentre  le scale minori rappresentano la scelta appropriata per creare facilmente atmosfere più cupe e sommesse. Come dicevo, gli intervalli sono fondamentali per comporre una scala. Infatti, troviamo una formula precisa di toni e semitoni per costruirne una a partire da qualsiasi nota noi scegliamo sulla tastiera. Per costruire una scala di Do maggiore, per esempio, dovremo seguire alla lettera la formula Tono-Tono-Semitono-Tono-Tono-Tono-Semitono partendo dalla nota Do. Per esempio, la scala di Fa si compone delle note:

Fa (tono) Sol (tono) La (semitono) Sib (tono) Do (tono) Re (tono) Mi (semitono) Fa.

La prima nota di una scala è la più importante, dà il nome alla scala stessa e determina quindi la chiave o tonalità in cui verrà suonata la canzone. Una scala musicale, dunque, non è altro che l’insieme di sette note che suonano bene insieme, che hanno una buona sinergia tra loro, e che sono utilizzate per costruire una canzone. La stragrande maggioranza dei brani, infatti, è composta in una sola chiave o tonalità,  quindi avendo a disposizione unicamente le note provenienti da una sola scala.

Gli accordi: i veri attori delle emozioni

Ogni scala di sette note possiede anche sette accordi, ovvero gruppi di due o più note suonate assieme per creare un’armonia. Gli accordi sono i principali attori che stanno dietro alla “fabbrica musicale delle emozioni” e a seconda della tipologia, quando suonati singolarmente, possono comunicare sensazioni diverse. I più comuni sono gli accordi maggiori e minori, composti da tre note e per questo chiamati triadi. Riscontriamo qui, proprio come per le scale, una prima generale differenza riguardo alle impressioni che le due tipologie trasmettono all’ascoltatore. Gli accordi maggiori saranno più risoluti, trionfanti e accesi, mentre quelli minori saranno più drammatici, spenti e meno energici. (Come ormai abbiamo capito), in musica c’è una formula per tutto, anche per costruire gli accordi. Per costruire un accordo maggiore ci serviamo quindi di una formula ben precisa: a partire dalla nota che scegliamo, chiamata fondamentale e che darà il nome all’accordo, spostandosi di quattro semitoni verso destra raggiungiamo la seconda nota della triade, detta terza maggiore, infine, a tre semitoni ancora di distanza ci sarà la terza e ultima nota dell’accordo, detta quinta perfetta. Ne consegue la formula che vale per tutti gli accordi maggiori: 

fondamentale (+4 semitoni) = terza maggiore (+3 semitoni) = quinta perfetta

Una volta costruito un accordo maggiore di una determinata nota, per trovare la sua controparte minore sarà sufficiente modificare gli intervalli nella formula abbassando di un semitono la seconda nota della triade, che diventerà quindi una terza minore. 

fondamentale (+3 semitoni) = terza minore (+4 semitoni) = quinta perfetta

In questo modo verrà cambiato completamente l’impatto emotivo ottenuto. Ma questo non è il solo aggiustamento che possiamo apportare a un accordo: modificando queste due formule e applicando quindi intervalli diversi possiamo generare altri tipi di accordi e quindi sensazioni più specifiche. Come gli accordi diminuiti (dim), che si costruiscono semplicemente abbassando di un semitono la quinta perfetta di un accordo minore. Questo tipo di accordi trasmette una sensazione di tensione e di attesa, un po’ come se mancasse qualcosa dopo di loro e ci lasciassero in sospeso. 

Ddim

Gli accordi aumentati (aug), invece, sono l’opposto di quelli diminuiti: anziché abbassare la quinta perfetta di un accordo minore, in questo caso si alza la quinta perfetta di un accordo maggiore. Gli accordi aumentati trasmettono una sensazione di concitazione e creano efficacemente un crescendo di azione. 

C – Caug

Un’altra tipologia di accordi interessanti sul piano emotivo sono gli accordi di settima. Essi si creano aggiungendo all’accordo di base, che sia maggiore o minore, la settima nota della scala alzata di un semitono. Per esempio, se aggiungiamo all’accordo di Do maggiore la nota Si, otterremo l’accordo di settima Cmaj7. Gli accordi di settima sono comunemente utilizzati in molte canzoni per creare un’atmosfera di speranza e sogno lasciando trasparire comunque una nota di amarezza e malinconia. Gli accordi di settima costituiscono quello che a me piace chiamare un gradino emotivo che porta eventualmente alla sua risoluzione in un accordo maggiore conclusivo. 

Cmaj7

Infine, esistono accordi dal suono jazz: sono gli accordi di nona. Possiamo infatti dare un tocco jazz a qualsiasi accordo semplicemente aggiungendo una quinta nota a un accordo di settima, corrispondente alla nona nota della scala di riferimento. Ci ricordano immediatamente il jazz perché questo genere musicale fa spesso uso di accordi di sesta, nona, tredicesima e a seguire, per creare tensione e rilascio nelle improvvisazioni.  

Cmaj9 – Fmaj9 – Bbmaj9

Ogni scala, dunque, ha i suoi sette accordi segnalati con un sistema di numeri romani posti in ordine crescente a partire dalla prima nota: in maiuscolo se sono accordi maggiori, in minuscolo se sono accordi minori. È importante specificare il tipo di accordo perché se un accordo appartiene a una scala maggiore questo non significa che sarà sicuramente maggiore, ma potrà essere anche minore o diminuito (°). Grazie alla formula che abbiamo visto in precedenza per costruire una scala maggiore infatti, risulta matematico che in ogni scala di questo tipo il primo, il quarto e il quinto accordo sono maggiori, mentre il secondo, il terzo e il sesto sono minori. Il settimo invece sarà sempre un accordo di tipo diminuito.

Ad esempio, gli accordi della scala di Do maggiore non sono tutti maggiori…

Do – Rem – Mim – Fa – Sol – Lam – Sidim

…in numeri romani:

I – ii – iii – IV – V – vi – vii°

Una progressione di accordi per tante canzoni

Proprio questi due vincoli di costruzione generano infinite progressioni di accordi che danno vita alla vastissima gamma di emozioni che due o più accordi suonati in modo contiguo possono trasmettere, anche all’interno di una stessa scala e quindi di una stessa canzone. Infatti, è proprio quando sono inseriti in successioni di accordi che questi acquisiscono una vera e propria personalità. Le successioni di accordi di cui parliamo sono dette progressioni di accordi o chords progressions e costituiscono l’anima di ogni brano. Le chords progressions stanno infatti alla base delle regole armoniche nella tradizione musicale occidentale dal XVII secolo a oggi e rappresentano lo “scheletro armonico” di tutte le canzoni che ascoltiamo. Prima di vedere come ogni accordo esprime la propria personalità all’interno delle canzoni, analizziamo nel dettaglio cosa sono e come vengono indicate.

Le progressioni di accordi o chords progressions non sono altro che successioni di due, tre o più accordi che si ripetono in maniera ciclica lungo tutta la durata di un brano. Una canzone può comporsi di una sola progressione usata dall’inizio alla fine oppure ne può avere più di una, per esempio, per differenziare strofa e ritornello. Le chords progressions vengono indicate con il sistema di numeri romani usato per gli accordi in cui ogni numero rappresenta un preciso accordo della scala musicale in cui è stata composta la canzone. Per esempio, questa è la progressione di accordi che sentiamo suonare ciclicamente dall’inizio alla fine del famosissimo brano dei Radiohead, Creep:

I – III – IV – iv

Qui il numero romano I indica che il primo accordo è un accordo maggiore costruito sulla prima nota della scala di riferimento, che cambia a seconda della tonalità in cui è eseguito il brano. Quello originale è suonato nella scala (e quindi chiave) di Sol maggiore, dunque il numero I indicherà l’accordo di Sol maggiore. Una chords progression, infatti, non ha l’obiettivo di comunicare quali accordi in termini di note devono essere suonati per eseguire un brano, bensì ci suggerisce quali sono i rapporti di intervalli presenti tra gli accordi per generare quel preciso motivo musicale. Questo sistema di scrittura che impiega i numeri romani e non il nome proprio degli accordi ci permette dunque, a partire dalla stessa progressione, di poter suonare un brano in qualsiasi tonalità noi vogliamo, a patto di rispettare gli intervalli tra gli accordi. 

Quanto alle emozioni, abbiamo detto che qui possiamo parlare di vere e proprie personalità degli accordi che li contraddistinguono in base al contesto musicale. Per esempio, l’accordo di prima (I) è fermo e risoluto e rappresenta un buon punto di partenza e di arrivo per una canzone, di solito è sempre preceduto dall’accordo di quinta (V) che grazie a un senso di tensione e attesa ci riaccompagna per mano al primo accordo. L’accordo di seconda minore (ii), invece, è molto pacifico e meditativo, al contrario dell’accordo di seconda maggiore (II) che risulta strambo e originale. Continuando, l’accordo di terza maggiore (III) ha una personalità drammatica, degna di un musical, e va molto d’accordo con l’accordo di sesta minore (vi) che risulta oscuro e tenebroso, mentre l’accordo di quarta minore (iv) è molto sentimentale e malinconico. Questi non sono che alcuni esempi di altre numerose possibilità che tengono in conto anche degli accordi diminuiti, aumentati, di settima, di nona e molti altri. 

Ogni progressione di accordi, dunque, farà immergere l’ascoltatore in una determinata atmosfera fatta di tante personalità messe insieme. Queste, inoltre, non sono esclusive a ciascun brano, più canzoni infatti possono utilizzare la medesima successione ciclica di accordi pur essendo composte da artisti diversi, tanto che alcune chords progressions si sono guadagnate un nome per quante volte sono state utilizzate tra compositori e cantanti. Una chords progression molto popolare nel panorama musicale degli ultimi decenni è:

I-V-vi-IV

G – D – Em – C

ovvero la cosiddetta Axis of Awesome. Anche se questa successione di numeri romani non vi dirà niente, sicuramente l’avrete già sentita. Questa progressione ha preso il nome dall’omonimo trio comico australiano, che con uno dei loro sketch più famosi (diventato poi un video su YouTube pubblicato sul loro canale) ha dimostrato come utilizzando solamente questi quattro accordi ripetuti nello stesso identico ordine si sia in grado di suonare alcune tra le canzoni più famose nella storia della musica, canzoni che nonostante all’apparenza sembrino completamente diverse, condividono la loro vera e propria anima: la medesima chords progression, eseguita semplicemente in tonalità diverse. Tra queste vi figurano Let it be dei Beatles, Take me home, country roads di John Denver, Demons degli Imagine Dragons, Forever Young dei Alphaville, Someone like you di Adele, Can you feel the love tonight di Elton John e svariate altre altrettanto celebri. 

Dopo alcune nozioni di teoria musicale e dopo aver osservato alcuni dei suoi meccanismi interni, siamo in grado di rispondere a una domanda che mi sono posto svariate volte e a cui non riuscivo a trovare risposta: com’è possibile che continuino a uscire canzoni sempre diverse, nonostante esistano solo sette note? In breve, la musica si esaurirà mai date le sue risorse limitate? La risposta è un no convinto e risiede nel fatto che in musica è fondamentale il concetto di relatività: tutto è relativo al contesto in cui si trova, anche le note. Una stessa nota, o un uno stesso accordo, possono comunicare emozioni diverse a seconda del contesto musicale in cui sono calati. Un accordo di La minore in un brano può immedesimarsi nella tenebrosità caratteristica di un accordo di sesta minore, e allo stesso tempo in un’altra canzone rivestire le vesti malinconiche di un accordo di quarta minore, per essere infine il potente e saldo accordo di prima in un altro brano ancora: tutto dipende dai rapporti costruiti con gli altri accordi. Le svariate combinazioni che possiamo trarre, insieme alla vasta gamma di strumenti musicali, suoni e ritmi esistenti, generano possibilità compositive potenzialmente infinite, ed è proprio per questo che non è possibile “esaurire” la musica. 

Musica e IA

Negli ultimi tempi, l’intelligenza artificiale ha fatto progressi molto rapidi e si è guadagnata in poco tempo una posizione privilegiata nei grandi dibattiti internazionali sia sul piano tecnologico e informatico sia sul piano politico e sociale. Mi sembra dunque opportuno fare una riflessione su AI e musica. Software di AI generativa sono infatti già in grado di creare motivi e canzoni più o meno complesse a partire da poche righe di testo o da una semplice melodia, altri ancora sono in grado di creare musica anche solo a partire da un genere musicale che gli viene indicato. Dunque, l’IA rischia di minacciare gli artisti umani e di stravolgere completamente il mercato musicale del futuro? Sicuramente l’intelligenza artificiale potrà diventare una valida fonte di ispirazione per artisti e produttori di ogni genere; tuttavia, non è certo  che l’IA si renderà capace di sostituire musicisti e cantanti o di fare sold out negli stadi. Un aspetto fondamentale della musica di oggi, infatti, è proprio il rapporto umano che si crea tra fan e cantante, un rapporto che l’IA faticherebbe a costruire. 

Ad oggi comunque potremmo aver già ascoltato jingle e motivi creati con un software di IA generativa senza saperlo. Ci sarà bisogno di un’etichetta che certifichi quali pezzi sono stati prodotti con l’IA e quali invece sono stati frutto di una mente umana? Nel futuro l’intelligenza artificiale potrebbe creare un mercato musicale tutto suo, parallelo a quello tradizionale? Per ora, quello che possiamo dire è che lo sviluppo dell’IA generativa avrà sicuramente un impatto sul settore musicale. Infatti, secondo un primo studio economico globale sull’impatto delle nuove tecnologie sulla creatività umana, i cui risultati sono stati resi noti lo scorso 4 dicembre a Parigi dalla Confederazione internazionale delle società di autori e compositori (Cisac), entro il 2028 gli operatori dell’industria musicale perderanno quasi un quarto del loro reddito a causa dell’intelligenza artificiale mentre la crescita dell’IA generativa rappresenterà circa il 20 percento dei ricavi delle piattaforme di streaming musicale tradizionali. Il rapporto avverte quindi che entro già i prossimi quattro anni avverrà un trasferimento di valore economico dai creatori musicali alle aziende di IA. 

Quanto a livello contenutistico e stilistico ritengo che non dobbiamo preoccuparci troppo. Infatti, la musica si è sempre evoluta nello stile e nel genere e continuerà a farlo, e questi cambiamenti non sono totalmente da imputare alle innovazioni tecnologiche che hanno modificato il modo di fare musica negli anni, quanto all’evoluzione dei gusti e dei valori di ogni nuova generazione che viene.

Bibliografia

https://en.wikipedia.org/wiki/Chord_progression

https://www.themusicstudio.ca/how-chords-and-key-impact-emotion-in-music/

https://www.howmusicreallyworks.com/chapter-six-chords-progressions/emotional-chord-progressions.html

https://www.tabletopcomposer.com/post/chord-relationships-and-emotion

https://faroutmagazine.co.uk/ai-music-industry-income-loss/

https://www.youtube.com/watch?v=4CAMOVeqoyE

https://www.youtube.com/watch?v=NyiEMdbfjG8&t=2s

https://www.youtube.com/watch?v=oOlDewpCfZQ