L’Italia e il razzismo. Due libri per riflettere

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ph: Sushil Nash / Unsplash

Donne, giovani, italiane, desiderose di raccontare la propria storia attraverso la scrittura. Sono le caratteristiche che accomunano Nadeesha Uyangoda e Anna Maria Gehnyei, le autrici dei due libri che vi propongo in questo articolo. In realtà c’è un ulteriore aspetto che le unisce e che, mediamente, rende le loro vite un po’ più complicate rispetto a quelle degli altri: sono nere. Nadeesha è originaria dello Sri Lanka, Anna Maria della Liberia. Una vive a Milano, l’altra a Roma. Entrambe sono cresciute in Italia, parlano con l’accento della loro città, vivono la vita secondo i dettami del nostro tempo. Eppure si scontrano ogni giorno con gli ostacoli – culturali, sociali e burocratici – di un paese che per via del colore della loro pelle fa ancora fatica a riconoscerle come italiane. 

L’unica persona nera nella stanza (Nadeesha Uyangoda, 66thand2nd, 2021) e Il corpo nero (Anna Maria Gehnyei, Fandango Libri, 2023) sono due libri che parlano di come vive oggi in Italia un italiano di seconda generazione. Sono due libri per riflettere sul razzismo contemporaneo, per individuare le radici dell’atteggiamento quasi intrinsecamente razzista di un paese che invece si rivendica con forza antirazzista. Sono due storie raccontate in prima persona che alternano dolore e speranza e che dipingono un quadro realistico della nostra società. 

L’unica persona nera nella stanza si colloca a metà tra un memorial e un saggio. Nadeesha Uyangoda affronta diversi aspetti del razzismo a partire dalla sua esperienza personale. Da quando si è trasferita con sua madre in Italia dallo Sri Lanka, all’età di sei anni, si è trovata ad affrontare innumerevoli situazioni nelle quali si è sentita l’unica persona nera nella stanza, con tutte le conseguenze che il sentirsi diversa, e in certa misura non accettata, può comportare. L’autrice inquadra la questione razziale da diversi punti di vista, tutti molto interessanti e calati nella società di oggi – nel suo caso, nella Milano di oggi. Parla di linguaggio, media, femminismo, minoranze, cittadinanza. Analizza gli stereotipi ed evidenzia tutti gli aspetti problematici che comporta l’essere straniero nel nostro paese.

Alternando episodi della sua storia personale e riferimenti a fatti e personaggi noti e meno noti, l’autrice delinea un quadro dettagliato, completo e argomentato dei motivi per cui oggi l’Italia possa ancora considerarsi un paese razzista. È il punto di vista dell’autrice, chiaramente, e può essere opinabile, ma solo nella misura in cui riconosciamo che chi vive il problema sulla propria pelle ha il diritto di esprimersi sulla questione anche in modo che potrebbe sembrare troppo schierato. L’autrice esprime punti di vista netti, forti, con cui non è sempre facile essere in pieno accordo, soprattutto se chi legge è un italiano bianco. Ma a mio avviso libri come questo servono, perché ci aiutano ad abbandonare il nostro punto di vista e ad assumere, almeno per un momento, quello dell’altro. Ci fanno vedere per una volta il mondo con gli occhi di quell’unica persona nera nella stanza. Solo così potremo davvero aggiungere consapevolezza ai nostri discorsi sul razzismo e forse fare in modo che tra qualche decina d’anni il nostro paese sia un luogo più ospitale per chi – per scelta, necessità o disperazione – decide di venirci a vivere. 

Il corpo nero, invece, è un classico memorial. Un racconto in prima persona di fatti, esperienze e stati d’animo vissuti dall’autrice. Rispetto al libro di Nadeesha Uyangoda qui abbandoniamo completamente la prospettiva analitica e saggistica ed entriamo in un mondo fatto di ricordi, suoni, odori, sapori. Prevale la componente personale ed emotiva e la scrittura è talmente ingenua e semplice che ci sembra di entrare in casa di Anna Maria, di conoscere il padre, la madre e le sorelle. Scopriamo le loro abitudini, le loro usanze, viviamo l’angoscia del periodo dell’adolescenza (che è già difficile di suo, figuriamoci se sei una persona nera in un modo di bianchi…) e l’ansia della scadenza del permesso di soggiorno. 

Quello che più colpisce del racconto di Anna Maria Gehnyei è uno stato d’animo che immagino comune a chiunque sia originario di un altro posto rispetto a quello in cui vive. Parlo del non sentirsi parte fino in fondo né dell’uno né dell’altro luogo. Ed è esattamente quello che scopre Anna Maria quando, ormai cresciuta, va per la prima volta in Liberia a conoscere la sua terra e la sua gente. In Italia la vedono straniera, africana, diversa. In Liberia la vedono turista, occidentale, ma ancora diversa. E allora come si fa a trovare il proprio posto nel mondo? Forse il proprio posto non coincide con un luogo geografico, fisico, ma con un sentire profondo, con la consapevolezza di sé, con le persone che ci stanno intorno, con le cose che amiamo fare. Il suo posto Anna Maria l’ha trovato nella musica. Infatti molti la conoscono come Karima 2G, cantante, beatmaker e vocalist. E anch’io, dopo aver letto il suo libro e ascoltato la sua musica, mi sento di dire che il suo nome lo leggeremo di più nelle classifiche dei dischi che non in quelle dei libri.