La guerra tra Iran e Israele, che molti temevano potesse portare a un conflitto totale in Medio Oriente, è stata l’ultimo capitolo di una radicale trasformazione di questa regione. Trasformazione cominciata il 7 ottobre del 2023 con l’attacco di Hamas in Israele e la risposta dell’esercito israeliano su Gaza, che mentre scriviamo queste righe è ancora in corso e non sembra poter finire a breve.
Anzi, il fatto che lo scontro aperto tra Iran e Israele, nemici giurati da decenni, non si sia trasformato in una guerra regionale è dovuto in buona parte proprio a questa importante trasformazione del Medio Oriente.
Cosa è successo dal 7 ottobre 2023?
È successo che insieme alla feroce campagna militare contro Hamas a Gaza, con un impatto senza precedenti sulla popolazione civile della Striscia, Israele ha messo in campo una strategia regionale complessiva, contro una serie di attori che ha sempre considerato una minaccia alla sua sicurezza nazionale. Strategia regionale alimentata anche dal fatto che subito dopo l’avvio della guerra a Gaza alcuni di questi attori regionali abbiano attaccato il territorio israeliano in solidarietà con i palestinesi di Gaza.
Nel giro di poco è per esempio cominciata una guerra tra Israele e gli Hezbollah libanesi, partito politico e organizzazione militare nata negli anni ’80, durante la guerra civile in Libano, proprio per iniziativa iraniana. Hezbollah è sempre stata considerata dagli stessi servizi di sicurezza israeliani il più potente gruppo armato non statale al mondo.
Gli attacchi di Hezbollah hanno costretto decine di migliaia di cittadini israeliani a scappare dalle loro case nel nord del paese, a ridosso del confine tra Israele e Libano. Ma le azioni militari israeliane hanno avuto un impatto decisamente maggiore. La società libanese è caratterizzata dalla presenza di diverse comunità etnico-religiose e gli Hezbollah sono espressione della comunità musulmana sciita. La zona sud della capitale libanese, Beirut, quella a maggioranza sciita, ha subito pesantissimi bombardamenti. Per eliminare i vertici dell’organizzazione l’aviazione israeliana ha distrutto interi edifici residenziali. Passare oggi da quei quartieri significa camminare ancora in mezzo a montagne di macerie. In uno di questi bombardamenti è stato ucciso il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah.
Israele continua sporadicamente a colpire il territorio libanese, ma il conflitto si è quasi spento, e soprattutto gli Hezbollah sono stati ridimensionati in maniera importante.
Lo scorso anno, 2024, oltre alla guerra con Hamas a Gaza e con Hezbollah in Libano, Israele si era anche già scontrato con l’Iran. Un doppio scambio di attacchi diretti come non era mai successo prima. L’anticipo di quello che è successo poi nei giorni scorsi (giugno 2025). Dal punto di vista militare i raid israeliani del 2024 sono stati decisamente più efficaci di quelli iraniani, nel senso che hanno danneggiato parecchio i sistemi di difesa di Tehran, cosa molto evidente nella guerra appena finita durante la quale l’aviazione israeliana ha operato quasi indisturbata nei cieli iraniani.
Alla fine dello scorso anno è poi successa un’altra cosa importante, non direttamente legata a una specifica e mirata operazione militare israeliana ma facilitata dalla politica israeliana in Medio Oriente, quindi da quella che abbiamo definito la sua strategia regionale complessiva.
L’8 dicembre 2024 è caduto il regime siriano della famiglia Assad, che aveva governato con il pugno di ferro dall’inizio degli anni ’70 e che dal 2011 era stato uno dei protagonisti di una feroce guerra civile.
Il regime siriano era uno dei tasselli fondamentali della rete di alleanze regionali dell’Iran, la cosiddetta Asse della Resistenza: Iran, milizie sciite in Iraq, il regime siriano degli Assad, gli Hezbollah libanesi. Vengono solitamente affiancati all’Asse della Resistenza, seppur con un legame diverso e meno diretto con Tehran, anche i gruppi armati palestinesi e gli Houthi dello Yemen.
La caduta del regime siriano alla fine dello scorso anno è stata provocata da una rapida avanzata militare di alcuni gruppi ribelli supportati soprattutto dalla Turchia. Ma questo sviluppo è stato ampiamente facilitato dal fatto che nell’ultimo periodo il governo di Damasco non avesse più potuto fare affidamento sul supporto dei suoi alleati esterni, soprattutto Iran ed Hezbollah libanesi, che fino a poco tempo prima lo avevano aiutato a respingere, e sembrava quasi a sconfiggere, l’opposizione armata.
Oltretutto dal 7 ottobre 2023 al dicembre del 2024, in realtà come negli anni precedenti, Israele aveva colpito più volte interessi e obiettivi iraniani in Siria. Nella primavera del 2024 aveva addirittura bombardato il consolato iraniano a Damasco.
L’attacco israeliano all’Iran dei giorni scorsi (giugno 2025) è stato quindi reso possibile dal desiderio di guerra del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (che aspettava da anni di poter attaccare i siti nucleari iraniani), dal sostanziale via libera degli Stati Uniti di Donald Trump, ma anche dal fatto che Tehran fosse ormai fortemente indebolita, priva di quella rete di alleanze regionali che per decenni aveva usato proprio come deterrente contro Israele.
Il tutto in un contesto nel quale nonostante le dichiarazioni di facciata contro il governo Netanyahu per la feroce campagna militare su Gaza, molti paesi arabi, a partire dalle potenti monarchie del Golfo (Arabi Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar), non hanno assunto una posizione di totale chiusura nei confronti di Israele. Negli ultimi anni diversi paesi arabi si sono riavvicinati all’Iran (la cui maggioranza della popolazione è persiana e non araba) ma allo stesso tempo su pressione americana hanno anche ammorbidito il loro approccio nei confronti di Israele.
L’attacco deciso da Netanyahu contro l’Iran, come il successivo ingresso lampo nella guerra da parte degli Stati Uniti di Donald Trump, si sono consumati in quello che ormai era già il nuovo Medio Oriente.