
Oliviero Toscani è stato più di un acclamato fotografo, ma il riconoscimento unanime è arrivato soprattutto dopo la sua scomparsa. Durante la sua carriera, soprattutto negli anni ’80, è stato un artista controverso, un provocatore e un narratore di immagini capace di imprimere nella memoria collettiva opere che, nel bene e nel male, hanno fatto scuola. Ha così vissuto il destino comune ai grandi: polemiche, divisioni, consensi e dissensi hanno accompagnato il suo percorso artistico e umano.
Le campagne pubblicitarie di Toscani per Benetton restano probabilmente il suo lavoro più noto. Affrontando temi come razzismo, AIDS, pena di morte, guerra e disuguaglianze sociali, ha trasformato lo spazio pubblicitario in un campo di battaglia politica e culturale:
Ho scoperto che la pubblicità è il mezzo di comunicazione più ricco e potente che esista oggi. Quindi sento la responsabilità di dover fare di più che dire: “Il nostro maglione è bello”. (1)
Le sue immagini non sono mai neutre, ma volutamente scomode, irriverenti, a tratti scioccanti. Un bacio tra un prete e una suora, che rompe ogni convenzione sull’iconografia religiosa. Un uomo malato di AIDS, David Kirby, sul letto di morte, circondato dai suoi cari in una posa che richiama la Pietà di Michelangelo. Tre cuori umani affiancati con le scritte *white*, *black* e *yellow*, a sottolineare l’uguaglianza biologica tra le razze. Mani ammanettate di colori diversi, simbolo delle discriminazioni razziali. Un neonato ancora coperto di sangue e placenta, segno di un’umanità nuda, primordiale, uguale per tutti.
Ogni scatto è un pugno nello stomaco, un’immagine che costringe a guardare senza filtri, senza la rassicurante patina della pubblicità tradizionale.
L’arte può permettersi tutto? Toscani sembra rispondere di sì, anche se il prezzo della libertà artistica è alto. È stato accusato di cinismo, di sfruttare temi sociali per fini commerciali, ma ha anche aperto dibattiti che pochi altri avrebbero saputo suscitare. I suoi scatti fotografici pongono interrogativi più che suscitare risposte, mettendo in discussione certezze e comodità.
Alcuni dei progetti più controversi di Oliviero Toscani hanno scosso l’opinione pubblica, come la campagna del 2007 contro l’anoressia, che mostrava il corpo emaciato della modella Isabelle Caro, o quella realizzata per Benetton sui detenuti nel braccio della morte negli Stati Uniti, che suscitò un’ondata di polemiche. In quest’ultimo caso, Toscani immortalò i condannati senza chiarire il fine commerciale delle immagini, scatenando le proteste delle famiglie delle vittime e portando lo Stato del Missouri ad avviare un’azione legale contro di lui.
Nel 2004, collaborò con la Polizia di Stato per la campagna “Non uccidere”, dedicata alla sicurezza stradale. Le immagini crude di incidenti automobilistici utilizzate per sensibilizzare l’opinione pubblica generarono un acceso dibattito.
Ma non è forse questa la funzione più alta dell’arte? Un aspetto fondamentale del lavoro di Oliviero Toscani è proprio il rapporto fra arte e marketing. Sebbene molte delle sue immagini siano oggi considerate opere artistiche, sono nate per un contesto ben preciso: la pubblicità. Questo solleva una riflessione cruciale: è possibile che l’arte, destinata originariamente a vendere un prodotto, si trasformi in qualcosa di universale, capace di trascendere il suo scopo iniziale?
Le campagne di Toscani per Benetton ne sono l’esempio più lampante. Nella loro essenza, si trattava di strumenti di marketing, concepiti per attirare l’attenzione e promuovere un brand. Tuttavia, il loro impatto visivo e il contenuto provocatorio hanno trasceso la sfera commerciale, stimolando dibattiti culturali e sociali. Questo duplice ruolo, di arte e pubblicità, ha sollevato molte critiche ma anche grandi elogi.
Forse, la grandezza di Toscani risiede proprio in questa ambiguità: il suo lavoro è un ponte fra due mondi che spesso si guardano con diffidenza. Da un lato, l’arte, con le sue pretese di purezza e disinteresse economico. Dall’altro, il marketing, che mira al profitto e all’immediata efficacia comunicativa. Toscani ha saputo unire questi due universi, dimostrando che l’arte può esistere anche in contesti inaspettati, e che il marketing può diventare uno strumento di riflessione sociale.
Ma cosa ci dice tutto questo sul nostro rapporto con l’arte? Forse che l’arte non appartiene solo ai musei o alle gallerie, ma anche agli spazi pubblici, ai cartelloni pubblicitari, ai media. Forse che l’arte non deve per forza essere pura per essere autentica. E forse che il valore di un’opera non dipende tanto dal contesto in cui nasce, quanto dall’impatto che ha sulle persone.
In una delle ultime interviste rilasciate poco prima della sua scomparsa, Oliviero Toscani ha chiarito il suo credo professionale nell’esercitare la professione di fotografo, spiegando come sia assimilabile a quella di uno scrittore, di un architetto, di un pittore che, attraverso il linguaggio e la tecnica che gli appartengono, coglie una visione della realtà con un’angolazione atta a suscitare curiosità e interesse. E da qui, per continuare, ha origine il concetto per cui l’artista è chiamato ad avere cura di sé e degli altri, in un mondo che non ci appartiene, ma al quale apparteniamo, come singoli e come comunità.
I suoi lavori meno noti ma forse i più interessanti sono quelli legati alle esperienze degli ultimi anni, trascorsi per lo più lontano dai riflettori mondani, fra cui rientra, ad esempio, la mostra “I tedeschi del XXI secolo”, realizzata a Berlino nel 2022 nella simbolica Potsdamer Platz. Attraverso cinquanta totem di cemento che accolgono cento volti di tedeschi di oggi, il progetto racconta l’evoluzione dell’identità tedesca, lontana dall’ideale della purezza razziale del passato e sempre più segnata dall’incontro di culture, etnie e storie diverse. Un ritratto visivo della Germania contemporanea, dove il concetto di appartenenza si ridefinisce attraverso il volto di una società multietnica e in continuo cambiamento. Il suo è un ritratto corale, quello di un “paesaggio morfologico moderno” che porta in sé un invito a riflettere.
Note
Fonti
https://www.focus.it/cultura/arte/oliviero-toscani-morte-racconto-vita-fotografo
Mostra “Professione fotografo”, Forte di Marina di Bibbona, 7 dicembre 2024 / 31 ottobre 2024