Quando il conflitto non si combatte solamente con le armi, ma entra nelle case, distrugge le famiglie, divide e lascia sospese le vite dei civili. In questo articolo, due voci raccontano cosa significa convivere ogni giorno con emozioni contrastanti, con il desiderio di voler parlare con le persone che si amano, ma con le quali si può condividere solo un silenzio profondo, colmo di angoscia e stanchezza.
DOMANDA:
Avete amici o conoscenti in entrambi i paesi? Se sì, riuscite a parlare con loro della situazione?
RISPOSTA 1:
Sì, ho alcune conoscenze in Russia e so che la loro visione politica è orientata a favore di Putin. Tuttavia, con loro preferisco evitare l’argomento. Alcuni, pur essendo contrari al governo, sono molto diffidenti, non si fidano nemmeno a esprimere apertamente il loro dissenso. Con una persona ho parlato al telefono, ma il discorso è stato più che altro su come si stia organizzando per proteggere i figli, temendo che possano essere arruolati, piuttosto che sulla situazione politica in sé.
Posso aggiungere un’altra esperienza: una mia amica russa, contraria alla guerra, si è trasferita in Italia. Recentemente è tornata in Russia per un breve periodo e mi ha raccontato di essere rimasta colpita dalla quantità di manifesti che di propaganda per l’arruolamento. Inoltre, suo padre le ha raccomandato di non parlare di politica fuori casa. Se accennava qualcosa, lui la interrompeva subito, temendo che potessero sentirla.
Un’altra mia conoscente, che insegna in un’università russa, mi ha detto che non può esprimere pubblicamente le sue opinioni perché il suo stipendio dipende dallo Stato. Il massimo che ha potuto fare per mostrare il suo sostegno all’Ucraina è stato pubblicare una foto di un viaggio a Riga, in cui appariva una bandiera ucraina. È un messaggio molto discreto, ma è tutto ciò che poteva fare.
Tuttavia quest’anno durante una conferenza un docente ha affermato che in Russia è possibile fare opposizione apertamente e liberamente. Secondo lui molti suoi conoscenti si esprimono contro la guerra anche sui social. Io però posso parlare solo per la mia esperienza personale: le persone che conosco, se sono contrarie, lo dicono solo in modo molto velato.
RISPOSTA 2:
Anche io non parlo molto di questi temi con i miei parenti in Russia, perché la gente ha paura. Temono che le loro conversazioni vengano intercettate, che i messaggi siano monitorati. All’inizio della guerra c’era una propaganda molto forte in Russia, che giustificava l’invasione con il pretesto di “liberare” i russofoni. Ricordo che mi dicevano che bombardare ospedali fosse giusto, perché lì – secondo la televisione russa – c’erano laboratori segreti che producevano virus pericolosi. La narrativa ufficiale parlava di un’Ucraina complice della NATO e degli Stati Uniti nella diffusione di questi virus.
Ora quando sento i miei parenti evitiamo di parlare della guerra. Ci limitiamo a poche parole: se stanno bene, se sono vivi. Hanno paura di dire troppo, perché anche solo uscire in strada con un cartello “per la pace” può costare anni di prigione. In Russia oggi non c’è libertà di espressione, almeno per quanto vedo dalle persone che conosco. I rapporti con loro non sono più come una volta.
DOMANDA:
Per quanto riguarda la propaganda in Russia?
RISPOSTA 2:
La gente crede a quello che viene raccontato, soprattutto nelle zone rurali. Nelle grandi città come Mosca o San Pietroburgo, chi viaggia e ha avuto contatti con l’Europa ha una visione più chiara della situazione. Ma più del 60% della popolazione non è mai stata all’estero. Guardano la televisione e credono a tutto: ai laboratori segreti, ai virus pericolosi diffusi attraverso le zanzare per sterminare i russi. Sono storie assurde, eppure ci credono.
La propaganda funziona benissimo. Non è che il livello di istruzione sia necessariamente basso, ma viene alimentato un forte senso di supremazia. È un concetto che è sempre stato presente: “Siamo i più forti, siamo i migliori, l’Europa e l’America sono contro di noi.” Ora si giustificano con il fatto che stanno sostenendo i “compatrioti” in Ucraina.
DOMANDA:
Per quanto riguarda la situazione in Ucraina? Come la sta vivendo la popolazione? So che in alcuni casi le divisioni politiche hanno portato anche a interrompere i rapporti tra familiari e amici, soprattutto nelle zone di confine.
RISPOSTA 1:
All’inizio della guerra c’era molto entusiasmo patriottico, molte persone si arruolavano volontariamente. Ora la situazione è diversa. Io, per quello che vedo nella mia cerchia, percepisco una certa stanchezza, anche tra chi combatte. Prima, quando i soldati erano in trincea, le loro famiglie sapevano che erano lì a difendere il Paese. Ora, con i cellulari, vedono gli amici che continuano a vivere normalmente, a uscire, a fare vacanze, mentre loro rischiano la vita ogni giorno. È come se si sentissero i “perdenti” della situazione. Questo, ovviamente, è il mio punto di vista.
RISPOSTA 2:
Io ho dei parenti militari in Ucraina e in Russia. È vero, la gente è stanca. Se consideriamo che il conflitto è iniziato nel 2014 con l’annessione della Crimea, sono già più di dieci anni di guerra. Ma chi è in prima linea capisce che non si può smettere di combattere. Uno dei miei familiari, ad esempio, dice che sta lì perché ha una moglie e un figlio piccolo a casa, e sa che se non si difende il territorio i russi arriveranno fino a casa sua.
Le bombe non distruggono solo edifici, lasciano anche tantissime persone mutilate. Ci sono tanti bambini e ragazzi rimasti senza arti o senza vista a causa delle esplosioni. Chi combatte lo fa per difendere la propria casa, la propria famiglia.
Putin ha anche emanato un ordine: nelle città occupate dai russi entro il 20 aprile gli ucraini dovevano scegliere se prendere la cittadinanza russa o andarsene. Questo serve a giustificare l’annessione, dicendo poi che “sono tutti russi”. Per questo chi è in guerra, pur stanco, sa di non poter smettere.

DOMANDA:
Voi, personalmente, come state vivendo questa situazione?
RISPOSTA 1:
Per me è una preoccupazione costante, un sottofondo nella mia mente, anche se cerco di ignorarla. All’inizio seguivo le notizie ogni giorno, piangevo continuamente. Poi ho capito che così impazzivo. Ho bisogno di lavorare, di crescere mio figlio, quindi ho scelto di non leggere più nulla. Se qualcuno mi chiede aggiornamenti sull’Ucraina, spesso non so nemmeno cosa rispondere.
Io provengo da una zona che in teoria non dovrebbe essere tra gli obiettivi russi. Ma quando mia madre o mia sorella mi scrivono che ci sono stati bombardamenti anche lì la paura torna. Mio figlio non ha mai visto l’Ucraina. Avevo pensato di portarlo, ma mio nipote di nove anni mi ha detto: “Se vuoi venire, fallo in estate, perché ci bombardano meno e nei rifugi non fa freddo”. Sentire una cosa del genere da un bambino fa capire la gravità della situazione.
C’è anche un aspetto psicologico devastante. In Ucraina quando arrivano i missili suonano delle sirene. Il suono è spaventoso, e può succedere di giorno o di notte. I genitori devono decidere: svegliare i bambini e portarli nei rifugi o lasciarli dormire sperando che non cadano proprio su di loro?
Molti a lungo andare smettono di scendere nei rifugi perché si abituano al pericolo. Ma poi si sentono in colpa, perché se succedesse qualcosa e loro non avessero reagito, non se lo perdonerebbero mai.
Tante delle mie amiche prendono farmaci per la depressione. Non solo quelle che sono rimaste in Ucraina, ma anche chi è fuggito all’estero. Adattarsi a un nuovo paese, una nuova lingua, trovare un lavoro, che spesso non corrisponde a quello che svolgevano in Ucraina, senza sapere se potranno mai tornare a casa è un peso enorme.
RISPOSTA 2:
Male. Mio padre vive in una città bombardata quotidianamente. Ogni mattina gli mando un messaggio per sapere se sia vivo. Dopo aver letto le notizie su quanti droni o missili hanno colpito la città aspetto con ansia la sua risposta. Gli ho chiesto se volesse venire qui, ma mi ha risposto che non vuole lasciare la sua terra. E’ anziano, non vuole andare in un altro paese a imparare una nuova lingua, vuole rimanere nel suo piccolo orto, dove sognava di passare la pensione. E come lui tanti altri. Viviamo nell’ansia e nella speranza che tutto questo finisca.
DOMANDA :
Se doveste descrivere con una sola parola il sentimento predominante tra le persone che stanno vivendo questa situazione quale sarebbe?
RISPOSTA 1:
L’ansia è il sentimento più diffuso, ma vedo anche molta stanchezza.
Io ho un’amica il cui marito è stato mandato al fronte sin dal primo giorno. Nonostante abbia problemi di salute e non sia più giovane, non gli permettono di tornare a casa perché è un poliziotto e le persone con esperienza sono difficili da rimpiazzare. La mia amica vive nell’ansia che il figlio, programmatore, possa essere chiamato a combattere. Molti giovani senza esperienza vengono arruolati, anche se ricevono un addestramento minimo.
Un altro conoscente, anch’egli cinquantenne, non è stato arruolato, ma ha paura di uscire di casa. In Ucraina capita che le persone vengano fermate per strada per verificare la loro situazione con la leva. Questo è uno di quei rari casi in cui la propaganda russa dica qualcosa di vero: nei piccoli paesi è quasi impossibile sottrarsi alla leva.
Il problema, però, è che oramai le persone si stanno abituando a questa realtà, anche se sembra assurdo. Nella mia città, che è meno esposta al pericolo, la vita continua: si costruiscono case, le aziende lavorano. Mia sorella è rimasta in Ucraina perché lì ha un lavoro ben retribuito, mentre in Italia non troverebbe facilmente una posizione simile. All’inizio non riuscivo ad accettarlo, le dicevo: “Fallo per tuo figlio”, perché il pericolo c’è comunque. Ma lei ha fatto la sua scelta.
C’è tanta sfiducia rispetto a prima. In alcune zone, come nell’est dell’Ucraina, la gente ha una percezione più chiara di star difendendo la propria casa. Nella mia regione, invece, ci si interroga di più sulle motivazioni della guerra e si avverte una certa divisione tra est e ovest. Anche i bambini stanno iniziando a manifestare ansia. La figlia di una mia amica ha sviluppato una paura dei tuoni e dei rumori forti. Mio nipote, all’inizio della guerra, voleva sempre tornare in Ucraina quando veniva in Italia. Ora, per la prima volta, ha detto a sua madre di rimanere in Italia finché la guerra non finisca.
RISPOSTA 2:
Ansia. Ansia per sé stessi e per i propri cari.
Ho un’amica il cui marito è partito per la guerra fin dal primo giorno, e anche suo figlio è stato arruolato. Lei ha altri due figli piccoli a casa. Vive con una costante preoccupazione: per il marito, per il figlio maggiore, per i bambini che restano con lei. Quando ci sono bombardamenti e sirene d’allarme, se lei è al lavoro, il pensiero corre ai figli a scuola o all’asilo.
Se può cerca di lavorare da casa per restare con i bambini. Le persone hanno iniziato ad apprezzare molto di più i legami familiari, vivendo ogni giorno come se fosse l’ultimo.
Anche stanotte è morta una bambina di cinque anni con i suoi genitori, uccisi da un drone russo.
DOMANDA:
Secondo voi quali conseguenze porterà questa guerra nella vita delle persone e nell’atteggiamento verso la Russia?
RISPOSTA 1 e 2 :
Questa guerra avrà conseguenze psicologiche enormi, non solo economiche e politiche. Ci saranno traumi per i soldati che torneranno, per la popolazione civile e persino per chi insegna la lingua russa. L’odio verso tutto ciò che è russo sta crescendo. Io riesco a distinguere tra la cultura russa – che amo – e la politica attuale, ma per chi vive il conflitto sulla propria pelle è molto più difficile fare questa distinzione.
Purtroppo l’immagine di una nazione conta molto. In questo momento la Russia sta perdendo credibilità su tanti fronti. Anche ai tempi dell’Unione Sovietica il russo si studiava, nonostante fosse un Paese chiuso, e chi lo studiava spesso aveva un forte interesse politico. Oggi la situazione è diversa, ma il risentimento nei confronti della Russia è evidente. Non solo verso chi combatte, ma anche verso chi non si oppone al regime. La situazione attuale implica un forte risentimento, se non addirittura odio, nei confronti dei russi. E non parlo solo di quelli che combattono, ma anche di chi continua a sostenere il sistema, di chi vota o appoggia Putin, o semplicemente non si oppone attivamente.
E questa mentalità filoputiniana non si trova solo in Russia. Anche all’estero ci sono russi immigrati che continuano a sostenere la politica di Putin. Vivono altrove, godono di una buona qualità della vita, ma non sanno—o sanno poco—di quello che succede davvero. Sempre all’estero ci sono anche giovani che sostengono Putin e che lo considerano un leader straordinario, quasi un idolo.
Infatti, mi chiedo spesso: se credete così tanto in Putin, perché ve ne siete andati in Europa? Se è un presidente così bravo, dovrebbe garantire un buon tenore di vita, no? Allora perché lasciare il paese, imparare una lingua straniera, adattarsi a una cultura diversa, persino al cibo diverso?
Putin è al potere da quasi trent’anni, tra incarichi diretti e indiretti. Se la Russia è davvero il paese perfetto che descrivete, perché non siete lì? Il paradosso è che molti russi che vivono in Europa continuano a sostenere le sue politiche, persino la distruzione delle città ucraine. Ma se amano così tanto Putin perché non tornano a vivere in Russia?
In questi casi diventa difficile discutere di politica. Spesso sono persone che leggono solo notizie in russo, quindi hanno una visione filtrata della realtà. Anche senza difendere Putin in tutto e per tutto magari dicono che “in alcune cose ha ragione.”
Io però non riesco a non essere netta su un punto: se un esercito invade il territorio di un altro paese e lo bombarda è chiaro chi ha torto e chi ha ragione. Eppure c’è chi relativizza, chi giustifica.
